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Alcune fiabe di Enzo Romano tratte dal libro "Si rraccunta ca na ota..."

        Le illustrazioni sono di Lirio De Caro (cliccare per ingrandire)

Prefazione

Qualche anno fa mi esercitai ricostruire una mappa della cultura dialettale in Sicilia, attribuendo ad ogni pratica tradizionale - della cultura materiale e di quella orale - un suo contrassegno di vitalità. In un quadro di complessivo declino della cultura tradizionale, sia pure con ambiti di maggiore resistenza (per esempio, la tradizione alimentare), la narrativa popolare presenta un contrassegno di fortissima regressione. La memoria si è spenta perché i nuovi modi e la diversa qualità dell'esistere rifiutano ormai il COMPUTARE nel senso di (rac)contare, mentre, come per una sorta di contrappasso, la famiglia etirnologica del latino COMPI rate acquisisce un nuovo arrivato: il computer.

In questi ultimi anni si è fatto un gran parlare di memoria e del crescente rischio di smarrire i valori della tradizione. Non tutti, però, si rassegnano. Recentemente ha colpito la notizia di quattro giovani piemontesi, i quali hanno attraversato l'Italia per raccogliere dalla viva voce degli anziani, ricordi, testimonianze, storie di vita, con l'obiettivo di costruire un archivio della memoria. Un progetto importante perché non si limita a registrare frammenti di memoria, ma la memoria collettiva nella quale i frammenti individuali, familiari, locali, regionali, si ricompongono in una mirabile unità.

Anche in Sicilia c'è chi non si rassegna a questo azzeramento della memoria dell'universo di valori e di pratiche della cultura tradizionale, che è cultura dialettale. Non c'è paese o villaggio, in Sicilia, nei quali appassionati cultori non costruiscano i loro piccoli archivi della memoria: il lavoro, la vita domestica, i giochi fanciulleschi, le pratiche alimentari, i grandi momenti dell'esistenza (la nascita, il matrimonio, la morte), le feste e la devozione popolare. I saper] della tradizione alimentano questi archivi.

Enzo Romano ha dedicato energie, intelligenza e passione a costruire archivi della memoria della sua terra. Mistretta e i comuni dei Nebrodi hanno da lui ricevuto omaggi grandiosi. Ricordo soprattutto Muddicati, la sua prima raccolta di frammenti di cultura popolare mistrettese, e quel capolavoro di scrittura popolare - sapiente e raffinata - che è A casa paterna, tra i libri più belli sulla cultura dialettale, restituitaci con straordinaria forza e ricchezza espressiva. Ora - dopo altri lavori prodotti dal 1999 al 2006 (Alla ricerca delle radici, 1999; Lumareddi, 2002; Cuntari pi nun scurdari, 2005; Dialetto e grafia siciliana, 2006) - Enzo Romano ci consegna una raccolta di fiabe popolari siciliane, appartenenti prevalentemente alla tradizione mistrettese e all'area dei Nebrodi.

Questo lavoro - assieme ad una analoga raccolta di racconti di Cianciava, pubblicata nel 2000 da Francesco Cannatella - si colloca nella grande tradizione ottocentesca di cui Giuseppe Pitrè fu l'interprete più autorevole, tradizione che al tempo stesso rinnova. La rinnova perché l'odierno raccoglitore deve fare i conti col fatto che ormai il raccontare - che cosa, quando, come, a chi, perché raccontare - è entrato in crisi. Una crisi che coincide con la inesorabile fuoriuscita del racconto popolare dalla sfera della oralità a causa del profondo mutamento degli orizzonti culturali. Accade dunque - né poteva essere diversamente - che i testi qui pubblicati rappresentano la mirabile sintesi di oralità e scrittura da una parte, e stratificazione di competenze (linguistiche, oltre che narratologiche) dall'altra. Enzo Romano ne è lo straordinario interprete. Un interprete totale, avendo egli saputo intrecciare la matrice dialettale con i ritmi, i motivi e i modi narrativi della tradizione. Una restituzione impagabile, perché la trama narrativa è tessuta e ritessuta sulla base di piccoli spunti fornitigli da informatrici e informatori, ultimi depositari del tesoro favolistico tradizionale della nostra terra.

Giovanni Ruffino

 

Enzo Romano

Enzo Romano fa parte di quella fascia di meridionali illustri che non ha dimenticato le proprie origini, ma anzi, continua a prodigarsi per far conoscere la cultura e le tradizioni della sua terra.

(IL CONVIVIO - Trimestrale di Poesia, Arte e Cultura dell'Accademia Internaziona/e `ll Convivio'- anno V, n. 3-4-pag. 81

 

"Panta rei'; cioè "tutto scorre" diceva Eraclito di Efeso. Così, memore della inconfutabile asserzione millenaria del filosofo greco, Enzo Romano sta incanalando, a futura memoria, in alcune sue opere letterarie e saggistiche, il dialetto siciliano, così come dalle viscere dei secoli è giunto, modificandosi gradualmente, lungo la dorsale dei Nebrodi, sulla quale poggia l'antica città di Mistretta.

                                                             (CENTONOVE - 13.09.2002)

 

Enzo Romano vede nuovamente realizzato il suo filone di scrittore. L'ultimo suo lavoro è un libro che ha un ritmo narrante che sa di favoleggiare antico. Usi e costumi di un popolo, altrimenti detto classe meridionale subalterna, sono preziosi per lo scienziato.

                      (IL GIORNO - 27 aprile 2000)

 

    Oltre a distinguersi come insegnante, Enzo Romano oggi è considerato uno dei più qualificati etnoantropologi per le tradizioni siciliane.

  (L'ECO DI BERGAMO - 27 maggio 2004

 

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09/10/2019